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Il male dell’università

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Mancanza di fondi, nepotismo, la condizione della ricerca, il proliferare di corsi e master, sono uno scherzo rispetto alla minaccia portata da Scienze della Comunicazione (!)all’Università italiana. E’ più o meno questo il concetto che mi è capitato di sentir ripetere più volte nelle scorse settimane in radio e televisione.

In breve il corso di laurea in questione ’insegna il vuoto’ (Umberto Galimberti), è ‘un corso inutile’, una fucina di ‘futuri disoccupati e disperati’ (un professore ospite del ‘Baco del millennio’, Rai radio uno), un esempio dei mali degli atenei italiani, più o meno alla pari di nepotismo e burocrazia (addirittura), almeno a giudicare dal livore e dall’accanimento con il quale queste opinioni venivano portate avanti.

Dei mali dell’università ho già scritto, in parte.  Fra i mali non inserirei, quantomeno non ai primi posti, i corsi di laurea in Scienze della comunicazione. Almeno alcune delle affermazioni/opinioni che ho citato sull’infame corso mi sembrano un po’ campate in aria, argomentate rozzamente, seguendo quello che è ormai diventato un luogo comuneComunicazione ha praticamente sostituito il Dams (altra ingiustizia storica) nella percezione comune come corso da fannulloni. E’ curioso come nel giro di pochi anni è cambiato tutto. Negli anni ’90 ti chiedevano che università facevi e rispondevi Scienze della Comunicazione, molti ti rispondevano con sguardo ammirato: “Ah il corso di Eco, sì. sì”. Numero chiuso a 140 posti, 2.500 aspiranti ai test d’ammissione e un corso abbastanza tosto, anche se non a tutti andava a genio (tanti gli abbandoni nel primo anno, spesso per delusione). 

Un ruolo sicuramente lo ha giocato l’apertura dei numeri chiusi (che almeno in quiesto corso ha fatto danni, inondando il mercato del lavoro di questa laurea), il proliferare senza controllo di corsi, spesso con indirizzi fantasiosi.

Nei primi anni del corso, lo dicono i dati, era un corso eccellente e professionalizzante.

Da Almalaurea.it (ricerca sui laureati fra 1999 e 2004):

I laureati in Scienze della Comunicazione si laureano in tempi brevi, con ottimi voti, conoscono bene l’inglese e hanno buona padronanza degli strumenti informatici; hanno frequentato regolarmente le lezioni e svolto stage o tirocini durante gli studi. Dopo la laurea, inoltre, si inseriscono facilmente nel mercato del lavoro: a cinque anni dal conseguimento del titolo si può parlare di piena occupazione, dal momento che i laureati occupati superano la soglia del 90%.



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